Il lago diventò terrà Dalla terra venne il grano

E i pescatori divennero contadini. Oggi la luna non si specchia nel lago

Ma guarda i canali e il verde illumina le stagioni contadine del Fucino. E nella storia gli uomini si fanno uomini.

Romolo Liberale

Il prosciugamento del lago del Fucino rappresenta in Italia, una delle maggiori opere di bonifica che il nostro Paese ha visto compiersi. Il lago del Fucino, dobbiamo ricordare, rappresentava il terzo lago più grande d’Italia, dopo il lago di Garda e il lago Maggiore. Presentava un bacino idraulico di 155 km2 con una profondità massima di 22 metri, ma risultava essere il primo nell’Italia peninsulare relativamente alla sua altezza, stimata intorno ai 600 metri. Pecuniaria risulta essere la mancanza di un emissario naturale, che svolgesse il drenaggio delle acque.

 

Primi furono i romani.

Questa grande opera idraulica, quindi, era formata essenzialmente da due elementi strutturali: l’Incile dove le acque entravano in galleria, si presentava come un bacino trapezoidale, seguito da un altro con forma similare ad un esagono su cui convergeva il grande collettore esterno.

Molteplici furono gli imperatori che dopo Claudio, provarono ad arginare il ritorno del lago del Fucino, come accade per Traiano o Adriano. Con il passare del tempo, però, la carenza costante di manutenzione ed i difetti di origine compromisero l’agibilità̀ dell’opera.

L’espurgo del lago continuò anche sotto il regno borbonico, con i numerosi tentativi svolti da Federico II o da Alfonso d’Aragona.

Nel 1853 venne fondata la società con capitali prevalentemente francesi e inglesi, che avrebbe dovuto occuparsi del restauro dell’emissario a condizione poi, di acquisire la proprietà dei terreni bonificati. Vennero quindi avviate nuove perlustrazioni, ma la portata della spesa economica, scoraggiava molti dei soci partecipanti.

È in questo momento che scende in campo, dopo aver acquisito metà delle azioni della società prima e l’intero pacchetto azionario dopo, il capitalista Alessandro Torlonia. Sicuramente aveva chiara la situazione che si poneva davanti ai suoi occhi, ma allo stesso tempo si rese conto dello sviluppo e della crescita che avrebbe interessato, tanto l’agricoltura, quanto la zona nel suo complesso, sulla base di un sistema aziendale che avrebbe coperto circa 15.000 ettari di terreno.

Affidò l’incarico all’ingegner Montricher, noto per aver progettato il canale sotterraneo per il rifornimento idrico di Marsiglia. Nel 1854 su soluzione dell’ingegnere Montricher iniziarono i lavori, questa volta per la costruzione di una più grande galleria.

Nel 1875, grazie a varie tappe e grazie anche alla costruzione di ben due dighe, di cui una lunga quasi due chilometri, lo svuotamento poteva ritenersi concluso e nelle acque del fiume Liri furono riversate circa 1x109 m3 d’acqua.

Si concludeva quindi, con una pomposa cerimonia, alla presenza di Vittorio Emanuele II, il prosciugamento del lago del Fucino.

Il rendiconto dell’opera fu sicuramente importante: erano state realizzate 46 strade, parallele e perpendicoli, per una lunghezza complessiva di 270 km, 100 km di canali e 648 km di fossi da dover aggiungere naturalmente alla creazione dell’emissario, dell’incile e delle opere preparatorie che si sono susseguite nel corso degli anni.

 

La scomparsa del lago del Fucino ha portato inevitabilmente con sé, il cambiamento delle caratteristiche ambientali nel territorio interessato, con un aumento delle temperature estive e una riduzione di quelle invernali, causate dalla mancanza dei benefici, derivanti dall’evaporazione delle acque.

Le nuove produzioni che nell’ultimo ventennio hanno accresciuto l’importanza che l’opera di bonifica ha svolto nel Fucino sono rappresentate dalle patate e dalle carote che ricoprono rispettivamente il 20% e 30% del fabbisogno dell’intero Paese. Le carote trovano nella piana la maggior concentrazione di produzione d’Europa e sono coltivate in diverse tipologie e qualità, mentre la coltivazione delle patate supera una produzione che raggiunge un milione e mezzo di quintali ogni anno. L’impegno diretto a garantire una maggiore qualità dei prodotti è testimoniato dal riconoscimento IGP (indicazione geografica protetta) che è stato dato ad entrambe. I prodotti DOP (denominazione di origine protetta) ed i prodotti IGP (indicazioni geografica protetta) sono rappresentanti l’eccellenza della produzione agricola ed alimentare italiana ed europea; sono segni distintivi della provenienza che permetto di avvicinare al nome del prodotto, il nome geografico di provenienza, identificando la qualità del prodotto, le cui caratteristiche sono tali proprio in ragione del suo collegamento in una determinata area geografica. La registrazione quindi del riconoscimento IGP a livello europeo, ha legittimamente spinto, le autorità nazionali a tracciare quelle che sono le caratteristiche pecuniari di questo prodotto, attraverso la Disciplinare del 19 Maggio 2020 redatta dal Ministero delle politiche agricole e forestali. In egual modo viene conferito da parte del Regolamento (CE) n. 148 della Commissione del 15 febbraio 2007 il riconoscimento IGP alla Carota dell’Altopiano del Fucino e regolamentato oggi dal Disciplinare modificato su proposta della Regione Abruzzo con determinazione del Dipartimento Politiche dello Sviluppo Rurale e della Pesca n. 154 del 4 agosto 2020 e n. 163 del 6 luglio 2021.